Le teorie enunciate dalla scienza economica non comportano un obbligato nesso di causa – effetto sui comportamenti degli individui dato che esprimono esclusivamente delle uniformità. Sono astrazioni e non condizionano il comportamento degli uomini. La scienza é certo solo uno strumento che va utilizzato con saggezza, e non pretende di insegnare all’uomo questa saggezza. Se questa non si é sviluppata ed estesa proporzionalmente allo sviluppo delle conoscenze scientifiche, la colpa non é della scienza e delle disciplina razionale che essa impone, ma proprio delle forze irrazionali che ora si vogliono contrapporre alla scienza (Nicola AbbagnanoNicola Abbagnano (Salerno, 15 luglio 1901 – Milano, 9 sett... Leggi, Questa pazza filosofia, cap. II La scienza, 9. La scienza come nemica, pagine 60 e 61). L’economia può essere economia politica e, dunque, essere l’insieme delle regole che derivano dall’osservazione e dallo studio delle cause e degli effetti economici e delle interrelazioni fra di essi. Come tale, l’economia politica non esprime valutazioni sui fatti, ma si limita a sostenere come ad ogni comportamento faccia seguito una ben determinata conseguenza. L’economia è la scienza dell’insufficiente. Per illustrare un impiego razionale delle risorse, essa muove da una semplice e banale considerazione da cui discendono tutte le altre: un bene diventa un bene economico solo quando scarseggia. Le sue regole riguardano più la produzione che non la distribuzione del reddito, oggetto di maggiori attenzioni, invece, da parte della politica economica, ma – ed é un’altra elementare ma importante verità da ricordare – non si danno, mai, in nessun caso, ricette miracolistiche. Ludwig von MisesLudwig von Mises (Lemberg, 29 settembre 1881 – New York, 1... Leggi (1881-1973), della scuola economica austriaca, in merito sosteneva che Il postulato di scarsità non é una innaturale e perversa invenzione del mercato. E’ la conseguenza del fatto che i mezzi a disposizione dell’uomo sono limitati. Il problema economico consiste, quindi, nell’economizzare, nel porre in essere azioni razionali con l’obiettivo che diviene conseguibile solo laddove vi siano degli indici misuratori di scarsità, cioè i prezzi, che rendono possibile il confronto fra le diverse alternative di produzione e di consumo e consentono, in altri termini, il calcolo economico, perché i prezzi sono il prodotto tipico del mercato, delle libertà delle preferenze individuali.
Non occorre dimenticare che l’economia politica é il portato di ricerca scientifica. Le sue soluzioni, come è ovvio che sia, possono risultare vere oppure possono persino essere false. Si é rivelata, ad esempio, del tutto insostenibile la legge tendenziale di caduta del profitto intuita e teorizzata da Carlo MarxKarl Heinrich Marx (Treviri, 5 maggio 1818 – Londra, 14 ma... Leggi il quale – sull’assunto che il tasso di natalità del fattore di produzione lavoro stia anche al disotto dell’1% quando il capitale si accresce, invece, con tassi facilmente più elevati – aveva dedotto la legge di progressiva ed irreversibile caduta del profitto che avrebbe dovuto rappresentare una della contraddizioni mortali del capitalismo che é, invece, vivo e vegeto. Occorre guardarsi, quindi, da roboanti affermazioni, da appassionate perorazioni, da suadenti appelli che magari sembrano anche scientificamente articolati ma che, in realtà, nulla hanno a che spartire con l’economia. E’ mera propaganda o fuorviante demagogia (non c’é che l’imbarazzo della scelta), da questo punto di vista, la predica del sindacalista comunista Luciano Lama resa nel 1977 circa il salario, apoditticamente da assumersi quale variabile indipendente del sistema (anche se poi Lama stesso la riconoscerà una fandonia gesuitica detta a fin di bene) anche se ci si può chiedere se sia stato più incosciente l’aver sostenuto, prima, una simile sciocchezza oppure più idiota, poi, l’aver confessato l’imbroglio compiuto alle spalle di ingenui creduloni. Un sindacato che non é oggettivamente serio non adempie alla sua funzione e finisce con l’essere, come é spesso stato accusato di essere, solo la cinghia di trasmissione di meri interessi politici. Oltretutto, ci si sarebbe dovuti ricordare, come ha acutamente fatto osservare Sergio RicossaSergio Ricossa Sergio Ricossa (Torino, 6 giugno 1927 – Tor... Leggi (op. cit.): Il livello del salario nei contratti di lavoro dipendeva dalla volontà dei contraenti; ma non dipendevano dalla loro volontà le conseguenze) o quanto inserito all’art. 36 della Costituzione italiana, a proposito del giusto salario, che recita: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Se il suo dettato ha appagato i Costituenti (quali Dossetti, La Pira, Moro e Togliatti. Si leggano gli atti della prima sottocommissione della Costituente per avere nozione di una concezione centralistica e statalista che accomunava, già durante i lavori della Costituente, cattolici e comunisti cosicché essi, in perfetta sintonia, potevano, insieme, premere per una netta separazione della Costituzione italiana dalle costituzioni liberali dell’Occidente, proponendo piuttosto il modello di costituzione sovietica, ideologicamente a loro più prossima), il suo contenuto é un’enunciazione di principio che manca di valore pratico – chi mai pagherebbe 200 un bene che potesse comprare a 100 solo per garantire un salario all’operaio che lo produce? e, nella stessa ottica, se si dovesse retribuire il lavoro di un artigiano non occorrerebbe, magari, prima appurare che l’eventuale prezzo alto non sia misura di esclusiva inefficienza o il portato di non giustificata fame di guadagno innescando un processo dai contorni dubbi e senza sbocco che favorirebbe, al massimo, una caccia alle streghe? – ma non é un’eccezione valendo anche per altre norme della prima parte della Costituzione. Si veda, ad esempio, l’art. 1 che dispone: L’Italia é una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, concetto che può anche apparire talentuoso ma che non consentirà al disoccupato di rivolgersi al Presidente della Repubblica o ad una qualsiasi altra pubblica autorità che fosse a ciò specificamente deputata per reclamare un lavoro che gli mancasse o avesse malauguratamente perduto ma mette in chiara evidenza i limiti di pura astrazione del precetto costituzionale. Il discorso non vale tanto per i cattolici, disponibili sempre a qualsiasi compromesso, come insegna la loro storia (si può pensare ai salti di campo, in tempi non troppo remoti, dell’on. Buttiglione), ma in modo speciale per i democratici di sinistra. Non é stata tanto la diversità culturale ed ideologica, infatti, a distinguere il PCI dell’on. Enrico Berlinguer dalla Quercia dell’on. Massimo D’Alema ma la collocazione del partito nell’area del potere. Quando se ne stava fuori, la sinistra poteva ben sognare una società perfetta di giustizia e di uguaglianza, il paradiso socialista da contrapporre all’infernale società capitalistica e scendere in piazza, sempre, comunque e con chiunque avesse da reclamare o protestare contro tutto e tutti. Non più al giorno d’oggi: i produttori di latte, che si lamentano del loro Stato, arruffone ed impreparato a capire ed a fronteggiare le questioni che derivano dalle quote fissate dall’Europa, possono impunemente venir manganellati e minacciati; i disoccupati napoletani, che dimostrano contro il loro governo, possono venir rinnegati ed incarcerati; gli studenti, che occupano scuole ed università contro la loro scuola, possono venir caricati dalla polizia, malmenati e zittiti senza alcuno scandalo. Solo con i centri sociali o gli squatter deve esserci un distensivo colloquio che sarebbe buona cosa se combinato alla determinata volontà di perseguire vandalismi e violenza con il codice penale.
Scrive Ida MagliIda Magli (Roma, 5 gennaio 1925 – Roma, 21 febbraio 2016) ... Leggi in Per una rivoluzione italiana (a cura di Giordano Bruno Guerri), Baldini & Castoldi, Milano, 1996:
- la prima parte della Costituzione (quella che con la Bicamerale di D’Alema si é tentato invano di cambiare é esclusivamente la seconda, n.d.r.) é un trattato sulla specie, sull’essere umano, fuori dalla realtà: con un’imposizione etica assoluta, con un delirio di presunzione e di onnipotenza da parte di coloro che l’hanno scritta, con il senso del potere, di coercizione giuridica. Si tratta della religione di pochi uomini convinti di essere Dio, di aver capito tutto, di poter realizzare tutto, e che nulla potrà più essere pensato, capito, desiderato, se non ciò che é stato pensato, capito, desiderato e imposto da loro … E’ terrificante che la Costituzione sia stata fatta da gente che non ha mai pensato veramente, altrimenti alla fine di una guerra come quella (si tratta della seconda guerra mondiale, n.d.r.) non avrebbero mai potuto scrivere un testo in cui sembra che la specie umana sia perfetta.
- … la Costituzione é un’insieme di astrazioni … un altro esempio é l’art. 3, dove si parla dell’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese escludendo implicitamente che i non lavoratori abbiano questo diritto (concetto comunista), mentre si applicano discutibili principi che sono alla base del cristianesimo e del cattolicesimo, quello dei lavoratori che arrivano nella vigna all’ultima ora e vengono pagati quanto quelli della prima e quello del pubblicano peccatore e pentito dei propri peccati che viene perdonato prima e più volentieri del fariseo di ottimo comportamento e quindi orgoglioso di sé. Non valgono più dunque i meriti dell’uomo-cittadino, ma esclusivamente il potere decisionale del Dio-Stato. I frequenti condoni attuati dallo Stato discriminano i cittadini e sono di un’ingiustizia tipicamente cattolica. Il potere che perdona, magnanimo e beneficiente, é quello più forte, infatti é assegnato a Dio. Gli uomini di governo si rappresentano, appunto, come Dio: in una democrazia é il massimo dell’ingiustizia … La logica é sempre la stessa: indurre nei sudditi lo spirito sacrificale, che si colloca di per sé al di fuori della giustizia: é appunto questo che ha impedito per duemila anni – e ancora impedisce – di formare gli italiani al concetto di giustizia.
Può essere politica economica (un razionale, ma semplice, criterio differenziatore fra economia politica e politica economica potrebbe rintracciarsi nella definizione della prima quale scienza pura e dell’altra come scienza applicata) ed allora é lo studio dei fatti economici o, in concreto, l’esame dell’attività, dei criteri e dei tipi di intervento dello Stato in economia. Di come, in definitiva, le regole dell’economia politica vengono praticate in realtà.
Di un secondo perché l’economia non condiziona l’uomo
Proprio perché é la natura dell’uomo ad influenzare il suo comportamento e non l’economia a schiavizzare l’uomo, può capitare talvolta che i fatti economici non possano nemmeno essere interamente spiegati con le regole dell’economia. Il prof. Giovanni DemariaEconomista accademico italiano, è stato professore della Bo... Leggi, negli anni Cinquanta ordinario di politica economica all’Università Bocconi di Milano, definiva fatti entelechiani quegli avvenimenti di natura economica che mancavano di plausibilità e giustificazione tipicamente economiche, quei fatti che non sono qualificabili né classificabili secondo leggi economiche universali. E, fra i tanti esempi storici che portava a sostegno delle sue tesi, c’era quello principale dell’involuzione della Spagna del ‘500 che non aveva esclusive cause economiche e sul quale dovevano influire altre ragioni esterne. La Spagna, in realtà, era il Paese di Carlo V e di Filippo II i quali potevano ben sostenere come il sole non tramontasse mai sul loro regno, il Paese della scoperta dell’America che, avvenuta qualche anno prima, aveva apportato al Paese ricchezze immense, con vantaggi economici incalcolabili ed una posizione privilegiata nei confronti degli altri Stati nazionali europei, il Paese la cui stabilità politica, ancorata ad una monarchia, certamente legata e, tuttavia, non subordinata alla Chiesa e ad uno Stato con istituzioni ben consolidate, non doveva far temere incertezze di sorta. C’é, peraltro, un risvolto istruttivo anche in ciò: da un lato, non si altera la portata delle leggi economiche, se ne evidenzia, semmai, solo un sia pur vistoso limite. D’altro canto, si analizzano fattispecie alle quali l’irrazionalità o anche solo la imprevedibilità della vita hanno impresso un’indeterminatezza preponderante ed un marchio di incerta valutazione. Ma, con esse, é in genere possibile farsi un’idea delle qualità dell’ambiente – ed il livello di ragionevolezza, di progresso civile e di libertà – nel quale quei fatti si sono affermati. Ad esempio, Ludwig von MisesLudwig von Mises (Lemberg, 29 settembre 1881 – New York, 1... Leggi ritiene che eliminando il mercato viene meno il sistema dei prezzi e vi sono solo equivalenze decise d’imperio dai pianificatori senza opportunità per scelte razionali. E’ conseguente riconoscere il legame causale fra libertà individuale, concorrenza e prezzi. C’é razionalità solo dove c’é libertà. La libertà genera il mercato ed é la sua condizione. Chi vuole abolire il mercato deve, prima, sopprimere la libertà.
Di un terzo perché l’economia non condiziona l’uomo
Non é, se vogliamo, compito dell’economia trattarli ma, frequentemente, gli studiosi di economia, dall’osservazione dei fenomeni economici sono portati a considerare i valori dell’uomo. Se, intanto, ai bisogni potesse darsi completa soddisfazione con l’impiego di una quantità illimitata di beni, i concetti di libertà e di giustizia sarebbero privi di senso ed inoltre rilevanti valori quali, esemplificando, la solidarietà, l’amicizia, la simpatia, la benevolenza, l’amore sarebbero qualità niente affatto necessarie. Ogni essere umano, in più, sarebbe, in sé stesso, autosufficiente ed il suo mondo sarebbe anche autonomamente compiuto ed, in ogni caso, inesorabilmente chiuso verso l’esterno. I valori hanno la loro radice nella situazione di precarietà e di rischio in cui l’uomo costituzionalmente si trova1. L’uomo non possiede alcuna certezza ed é, perciò, ineluttabilmente, necessitato a vivere in società, in compagnia degli altri esseri umani e condannato alla ricerca della verità ancorché il mondo sia spesso stato, artatamente ed irresponsabilmente, da lui permeato di false certezze che non é certo l’economia a propagare ma, al contrario, dogmi ed ideologie quanto mai deleteri a diffondere (è noto come le scienze, mosse dall’intelligenza umana, abbiano prodotto evidenti mutamenti all’ambiente in cui l’uomo vive ed abbiano riversato rilevanti effetti sull’uomo stesso, spesso, fra l’altro, del tutto inattesi o, comunque, diversi da quanto si era sperato o ci si poteva ragionevolmente attendere). Ma, mentre le scienze modificavano le primitive forme di vita rendendole più fruibili, l’uomo, che doveva camminare con lo stesso passo ed essere la misura del tutto, in realtà é divenuto, o é rimasto, un estraneo nel mondo da lui stesso creato. Dal che delle due l’una: o la specializzazione scientifica ha immiserito l’intellettualità o l’uomo ha preferito sedersi piuttosto che camminare. Ma, in entrambi i casi, i miglioramenti indotti dalla civiltà moderna devono registrarsi a merito non a colpa e non é giustificabile addossare al progresso tecnologico (così alle scienze come all’economia) responsabilità che sono, invece, proprie degli esseri umani. Egli deve umilmente riconoscere di non essersi sempre rivelato all’altezza dei tempi e deve riposizionarsi in sintonia con i rapidi mutamenti che il progresso tecnologico impone. Gli uomini non possono rifiutarsi di osservare le accelerazioni impresse dalla nuova realtà. Non possono limitarsi ad additare i cambiamenti quali generatori dei guai della civiltà attuale. Devono riacquisire una leadership che loro compete e che nessuna persona di buon senso, credo, vuol loro togliere. La filosofia, se vorrà conservare la giusta pretesa di illuminare l’umanità, dovrà offrire una guida mentale al progresso, dovrà sottrarlo ai capricci delle scoperte scientifiche, agli appetiti degli uomini, alle loro illusioni ed ai loro desideri; dovrà trovare un equilibrio all’accelerazione, che é contrazione di spazio e di tempo, dovrà suggerire una scelta fra una prospettiva allineata al bene dell’umanità ed una no, destinata, forse, alla catastrofe). Tanto che l’uomo di oggi cerca, disperatamente quasi, una propria identità per realizzarsi. Non gli bastano, come fino a tutto il ‘700, il credo religioso per giustificare la vita o il ricorso ai quei valori tipici dell’umanità, a quel conforto della storia, a quella speranza di una società progressiva, forniti, dopo, dall’illuminismo. Così l’inquietudine sovrasta la vita quotidiana ed un correlato bisogno di evasione per rivalsa agli schemi quasi obbligati di vita e di organizzazione sociale finisce con non consentire all’individuo di esprimere esigenze autenticamente personali che, rimanendo largamente deluse, fomentano un evidente stato di disagio sociale.
Per altro verso, se i valori scadono di mordente, anche le istituzioni in cui essi si realizzano rischiano di perdere significato. Si pensi, ad esempio, alla famiglia2. Sarebbe un campo di interessante esplorazione ma esulerebbe, totalmente, dagli scopi di queste note e lo si deve subito abbandonare salvo introdurre una semplice considerazione irrinunciabile. Come é improponibile la pretesa di dare un riconoscimento ufficiale e pubblico alle medicine non ufficiali, se per famiglia (legale) s’intende quella sancita dal matrimonio, é inevitabile trovare, in contrapposizione, famiglie anomale o alternative o famiglie di fatto. Si tratta di vedere, inoltre, cosa possa definirsi famiglia all’interno dell’ordinamento statale vigente o che si desidera riformare. Da tale punto di vista, anche volendo ampliare un riconoscimento giuridico (con ovvie e conseguenti garanzie e benefici a favore da prevedersi nel momento in cui le famiglie divengono altresì destinatarie di obblighi e formalità, é logico supporre che certe famiglie di fatto debbano comunque restare escluse dalle norme emanate o da emanare. Si pensi al fatto che, oggigiorno, l’Italia non riesce ad impedire l’invasione quotidiana delle nostre coste da parte di centinaia di clandestini ma si erge a garante della massima legalità con riferimento alle responsabilità che due persone assumono se omettono la denuncia all’anagrafe di un nuovo nato.
Stranamente, la famiglia tradizionale trova di fatto ben determinati ed accaniti avversari, specialmente fra i sostenitori della sinistra politica che, non solo ne contrasta l’esistenza ma tenderebbe addirittura alla sua totale soppressione (anche se non pare che essa sia in condizione di proporre validi modelli alternativi) con soluzioni innovative adombrate audacemente proposte e vigorosamente sostenute con effetti destabilizzanti.
NOTE NEL TESTO
1 Nicola AbbagnanoNicola Abbagnano (Salerno, 15 luglio 1901 – Milano, 9 sett... Leggi: op. cit. Quanto detto, si badi bene, non vale solo per la sopravvivenza animale ma altresì per quella dell’uomo nel mondo che é, all’unisono, conservazione ed arricchimento di caratteri specifici.
2 Nicola AbbagnanoNicola Abbagnano (Salerno, 15 luglio 1901 – Milano, 9 sett... Leggi: op. cit.: i valori divengono ideali astratti, vaghe aspirazioni, se non si incarnano in istituzioni determinate che ne consentano una sia pur imperfetta realizzazione. Ognuno nel proprio animo é libero in qualsiasi regime di pensare e di credere quello che vuole; ma che cosa vale questa libertà se non si traduce in istituzioni che garantiscano la libertà di esprimere e comunicare ciò che si pensa?